Parlare di omofobia solo quando vi è un atto di violenza non basta.
Da quanto tempo non si sentiva parlare di omofobia a Rovigo?
Due o tre anni forse, se non ricordo male. Ricordo invece molto bene le lotte e gli attacchi subiti alcuni anni fa in Consiglio Comunale per aver voluto a tutti costi introdurre nel regolamento per le pari opportunità del Comune di Rovigo due paroline, ora come allora assai scomode, come “orientamento sessuale ” per la rimozione degli ostacoli che di fatto costituiscono discriminazioni dirette e/o indirette nel regolamento della Commissione delle Pari Opportunità.
Fui attaccata in tutti i modi e da tutte le parti politiche perché accusata di voler destabilizzare il concetto di “ famiglia naturale”: in Consiglio Comunale fu vera battaglia, tanto che dovetti portarla per ben due volte prima di farla approvare.
Alla fine, nonostante la stessa mia maggioranza in parte mi remasse contro, vinse il buon senso civico e civile.
Questo fu solo il primo passo verso un percorso per i diritti civili fatto d’incontri, manifestazioni, dibattiti su cosa sia dover vivere in una società dove ci si sente discriminate/i solo perché si è deciso di vivere con coraggio il proprio amore senza falsi condizionamenti bigotti e patriarcali, che costringono di vedere la propria identità sessuale come qualcosa di fisso e non mutevole, come invece effettivamente avviene in natura, se di natura vogliamo sul serio parlare.
Dopo tre anni di silenzio quasi tombale, in questi giorni si è riaperto il dibattito per un triste fatto di cronaca, che indipendentemente da come si sia veramente svolto, viste le continue ritrattazioni, ci fa riflettere. Parlare di omofobia, lesbo fobia, o trans fobia solo quando si manifesta un’aggressione, anche se presunta, non basta.
Sarebbe come dire che tali fenomeni non esistono in quanto non si vedono o perché non sono denunciati, senza pensare che spesso una denuncia significherebbe per la vittima un “pericolosa” esposizione, visto l’immaturità e l’ottusità della società in cui viviamo.
Tempo fa si diceva la stessa cosa della violenza di genere e domestica: si diceva che non esisteva perché non si vedeva, o meglio non si voleva vedere.
L’omofobia esiste, come esistono tutte le altre discriminazioni dovute al proprio orientamento sessuale o di genere, qui a Rovigo come nel resto d’Italia.
Quante storie di ragazze o ragazzi vi sono che stanno vivendo malissimo la loro adolescenza perché si sentono discriminati, vittime continue di atti di bullismo, non accettati da una società che li rifiuta a priori perché non consoni allo stereotipo di uomo/donna tradizionale e consumistico?
Quante persone adulte vivono situazioni di angoscia e sofferenza per il lavoro o per la loro famiglia solo perché non possono palesare il proprio vero essere, il proprio amore, la loro vera vita, per paura di perdere il lavoro o gli affetti più cari?
Quante violenze ancora dovranno subire queste persone, lasciate a soffrire e a subire tutto ciò dimenticate nella loro solitudine?
Reagire con sdegno, denunciando un’aggressione omofoba va bene, ma non basta se non vogliamo che sia banalizzato l’accaduto come atto sporadico, più unico che raro, rischiando poi di passare in sordina come un semplice incidente.
Oltre alle leggi specifiche, se vogliamo davvero evitare che questi tristi episodi accadano dobbiamo lavorare molto sul cambiamento culturale della nostra società, parlandone in mezzo alla gente il più possibile, organizzando incontri nelle scuole e parlando con le famiglie e i ragazzi, le associazioni tutte, avendo il coraggio di denunciarlo ogni giorno, mettendoci la faccia, il cervello e il proprio cuore, per una società e una città migliore.
Bruna Giovanna Pineda
Ex assessora per le Pari Opportunità del Comune di Rovigo
La Sinistra per un’Altra Rovigo, Livio Ferrari Sindaco
Nessun commento:
Posta un commento